Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, redatta in collaborazione con l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC) e che consta di un solo articolo, intende rendere efficace il ruolo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità illecita. Gli attuali interventi dell'Autorità non servono infatti ad arginare la diffusione, da parte di grandi aziende, di spot e di inserzioni non veritieri o addirittura truffaldini, arrecando gravi danni a milioni di consumatori. La causa è nell'importo delle sanzioni massime che l'Autorità può irrogare. Per un'impresa che fattura 5, 10 e 20 miliardi di euro, 100.000 euro (importo massimo delle attuali sanzioni) sono un'inezia, che non ha alcun potere dissuasivo. Altro impedimento è la limitazione per l'Autorità di poter intervenire d'ufficio senza la preventiva segnalazione di consumatori, di concorrenti, del Ministero dello sviluppo economico o della pubblica amministrazione.
Potere d'intervento dell'Autorità. Al momento, per bloccare e per sanzionare un presunto messaggio ingannevole, l'Autorità deve attendere una denuncia dai soggetti individuati dal comma 2 dell'articolo 26 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. L'impossibilità di agire d'ufficio provoca ritardi, sia per banali motivi (mancanza di documentazione eccetera), sia perché spesso il consumatore si accorge della discrepanza tra le promesse della pubblicità e gli effettivi costi e caratteristiche del prodotto o del servizio solo dopo l'effettivo utilizzo. La possibilità di agire di propria iniziativa, così come previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge, permetterebbe d'intervenire tempestivamente, prima che il messaggio non
1) la sanzione di 64.400 euro comminata lo scorso 18 giugno a Telecom Italia per la pubblicità di «Tim Tribù che azzera i costi di ricarica» è pari allo 0,00215 per cento dell'utile netto 2006 del gruppo (3 miliardi di euro). Usando come parametro il fatturato, la percentuale sarebbe stata minuscola. Applicando il medesimo criterio, è come se il cittadino che lascia l'auto in divieto di sosta venisse sanzionato con meno di mezzo euro: tutt'altro che un deterrente a non infrangere più la norma, poiché equivale a meno del costo di un parcheggio a pagamento;
2) lo scorso 10 luglio l'Autorità ha sanzionato con 21.100 euro un'impresa di pompe funebri per un'inserzione pubblicitaria ingannevole sulle «Pagine bianche» della provincia di Vicenza. Nello stesso periodo, il 26 giugno, l'Autorità aveva condannato Telecom Italia per pubblicità ingannevole ad una multa di 73.100 euro per lo spot «Teleconomy zero zero». I potenziali danneggiati dall'impresa di pompe funebri erano gli 800.000 vicentini, ma lo spot di Telecom Italia, diffuso a livello nazionale, poteva danneggiare tutti gli italiani. In proporzione ai potenziali danneggiati è come se l'impresa vicentina avesse subìto una sanzione di 1,5 milioni di euro.
Gli esempi sono relativi al settore delle telecomunicazioni non a caso. Questo è un settore caratterizzato da grandi aziende che offrono servizi utilizzabili da milioni di italiani. Come ha comunicato l'Autorità, i gestori telefonici vantano un triste primato: da soli hanno subìto il 25 per cento del totale delle multe comminate, ma nonostante ciò continuano a diffondere messaggi ingannevoli.
I commi 7, 10 e 11 del citato articolo 26 del codice del consumo, relativi agli importi delle sanzioni, sono quelli di cui si prevede la modifica. Si aumentano gli importi massimi delle sanzioni amministrative, legandoli percentualmente al fatturato dell'azienda che ha diffuso il messaggio pubblicitario ingannevole o la pubblicità comparativa illecita.
Nella fattispecie, al comma 2 dell'articolo 1 della presente proposta di legge si prevede la modifica del vigente comma 7: conservando l'importo minimo di 1.000 euro, sempre tenendo conto della gravità e della durata della violazione, l'attuale importo massimo di 100.000 euro viene sostituito da un importo maggiore, pari al 3 per cento del fatturato lordo relativo all'ultimo bilancio approvato dell'azienda condannata e, comunque, non inferiore a 10.000.000 di euro.
Al comma 3 si prevede che dopo il primo periodo del medesimo comma 7, sia inserito il seguente: «Nel quantificare la sanzione l'Autorità tiene altresì conto del numero dei potenziali consumatori e concorrenti danneggiati, nonché del fatturato del soggetto che ha commesso la violazione». L'obiettivo è quello di fornire all'Autorità parametri per la quantificazione della sanzione. È evidente che una pubblicità diffusa su un quotidiano locale potenzialmente può danneggiare un numero minore di consumatori rispetto ad uno spot trasmesso in prime time su una rete televisiva nazionale.
Con il comma 4 che modifica anch'esso il comma 7, si interviene sulla sanzione minima per le violazioni, ritenute più gravi, degli articoli 24 e 25 del medesimo codice del consumo («Pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori» e «Bambini e adolescenti») portandola dagli attuali 25.000 euro a 100.000 euro.